1. Bea ha i numeri
1.1 Quanti giorni hai?
Incominciamo col dire che Bea è un’ape operaia. Non ha il privilegio, che spetta alla sola ape regina, di essere fecondata, è più esile dei fuchi, i maschi, tuttavia i compiti e le competenze che rendono una colonia di api una società altamente complessa spettano a lei. Nel corso della sua breve e frenetica esistenza compie una variegata serie di attività, una dopo l’altra, ma non solo, riesce anche ad adattarle alle continue evoluzioni dell’ambiente. Insomma, è anche resiliente.
Con l’eccezione di Bea, che ci accompagnerà nei prossimi anni in questo nostro percorso, la durata della vita di un’ape operaia si misura in giorni, e varia in modo significativo nel corso delle stagioni, laddove la vita dell’alveare si può considerare, in teoria, senza termine.
Un’ape operaia nata a marzo, in un alveare normale, cioè con una regina feconda e all’inizio delle attività, può attendersi dal momento dello sfarfallamento una vita media di circa 35 giorni.
Un’ape operaia nata in giugno ha, invece, un’aspettativa media di vita di 28 giorni, dei quali 9 spesi a raccogliere nettare e polline, ossia a bottinare.
Ma un’ape operaia che nasce alla fine di settembre oppure in ottobre è sicura di passare l’inverno, insomma è decisamente più longeva. Un ricercatore americano, qualche decennio fa, operando con api marcate, ha certificato il record di un’ape operaia invernale a 304 giorni.
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Complicato ma ingegnoso l’esperimento che E. Alphandéry propone nel suo “Trattato completo di apicoltura”, pubblicato in Italia nel 1935. “ … durante il periodo di lavoro raramente l’ape vive più di sei settimane, per quanto molto spesso la sua vita si aggiri soltanto sulle tre o quattro settimane. Onde controllare questo asserto, ad un alveare di api nere (Apis mellifera mellifera) si sostituisca la regina con un’altra regina di razza italiana (Apis mellifera ligustica). Mentre per la durata di 21 giorni continueranno a schiudere le api nere, perché provenienti dalla covata della vecchia regina, a partire dal quarantesimo giorno dalla sostituzione nell’alveare non si troveranno più che delle api di razza italiana /chiare) che avranno incominciato a schiudere dopo il ventunesimo giorno dall’introduzione della nuova regina”.
I numeri appena riportati portano a supporre che le differenze nella vita media di un’ape operaia, minima in estate e massima in inverno, siano dovute all’ineguale logorio a cui sono sottoposte le api nelle due stagioni. Entrano in gioco anche profondi mutamenti fisiologici. Le api “invernali” non solo vivono più a lungo di quelle “estive”, sono anche differenti. Tenute in gabbia, la potenziale vita media di un’ape “invernale” era di 36 giorni, mentre quella di una “estiva” di 24; tuttavia, l’aggiunta di polline allungava la vita media di un’ape “estiva”, mentre non aveva alcuna influenza su quella di un’ape “invernale”.
Si potrebbe ragionevolmente ritenere che il logoramento estivo delle api operaie sia originato dalla loro frenetica attività di ricerca e di raccolta di nettare, polline, ecc. In realtà, è l’attività connessa con l’allevamento della covata a rendere un’ape “estiva”, cioè meno longeva: in estate la intensa raccolta di polline garantisce una maggiore disponibilità di proteine nella dieta delle api operaie, stimolando lo sviluppo delle ghiandole ipofaringee e dei cosiddetti corpi grassi delle giovani operaie; ma, a causa dell’attività di allevamento della covata, sia le ghiandole ipofaringee che i corpi grassi rapidamente si esauriscono rendendo le api “estive”; all’opposto, in autunno, quando l’attività di allevamento della covata si riduce, le riserve di proteine nelle ghiandole e nei corpi grassi raggiungono i massimi livelli e le api si trasformano in “invernali”, cioè dalla vita lunga.
Altresì, il passaggio alla vita lunga può avvenire anche in estate, ad esempio quando, per varie ragioni, viene a mancare la regina. Allora, l’interruzione della deposizione di uova e la conseguente graduale scomparsa della covata sospinge le api estive verso la condizione di api “invernali” con l’aggiunta di un ulteriore importante particolare, e cioè lo sviluppo degli ovari (tema che affronteremo). In condizioni normali, questo evento non può verificarsi in quanto l’ape regina produce una adeguata quantità di feromoni che inibiscono lo sviluppo degli ovari.
Se dunque l’entità del lavoro che un’ape compie sul campo in qualità di bottinatrice riveste un ruolo modesto nel determinare la lunghezza della vita di un’ape, tuttavia il lavoro sul campo è un’attività che comporta più rischi di quella che si svolge nel chiuso dell’alveare. Pertanto le api che iniziano a bottinare da giovani hanno una prospettiva di vita media di poco più di 30 giorni, decisamente inferiore a quella delle api che iniziano a bottinare in età più tarda, di circa 37 giorni.
Si ritiene che nella zona europea e nel periodo estivo, in un alveare di 50.000 api, ogni giorno muoiano mediamente 500 operaie, cioè l’1% dell’intera colonia. Dunque, in circa quattro mesi, tutte le api, esclusa ovviamente la regina, sono sostituite.
E l’ape regina? Negli alveari gestiti dall’uomo le regine sono sostituite annualmente dall’apicoltore. In un alveare lasciato indisturbato si ritiene che la vita media di una regina possa essere di tre anni.
Rimangono i fuchi, i maschi dell’alveare. Non muoiono di morte naturale, sono le api operaie a decretarne la fine, e non sopravvivono oltre l’inizio dell’autunno. Comunque sia, la loro massima longevità si aggira attorno ai due mesi.
“Ape in atto di caminare“: da una incisione di Francesco Stellutis, Mellisographia, rappresentazione di ape vista al microscopio, 1620/1630.
[Le informazioni sono state tratte da: Roy A. Gruot, “L’ape e l’arnia”, Edagricole, Bologna, 1981, pagg. 76-77].