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COP 24 Conferenza sul clima – Un’analisi (seconda parte) — Legambiente Faenza
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COP 24 Conferenza sul clima – Un’analisi (seconda parte)

COP 24 – Conferenza sul clima

Critiche
Da anni, osservatori e associazioni ecologiste segnalano le lentezze e le titubanze dei governi nell’affrontare il tema del cambiamento climatico e lo scarto tra ciò che i singoli paesi si impegnano a fare e i risultati che raggiungono. Spesso, nei fatti, fanno il contrario di quanto promesso, mantenendo un forte impiego di combustibili fossili nella produzione di energia.
Come efficacemente detto da Giorgio Nebbia, i governanti sono spaventati dal fatto che i cambiamenti climatici iniziano ad avere costi rilevanti: risarcire le case distrutte, i campi allagati, le strade. franate, ecc., e da anni si incontrano per inventare qualche strumento fiscale che ne diluisca gli effetti. Ma senza alcun successo.
Ci si è ritrovati a livello globale, dal 1992, per ben 24 volte, ma solo per evidenziare le difficoltà che si frappongono ad ogni accordo globale.
E la COP 24 è iniziata con promesse tutt’altro che favorevoli: gli Usa che si defilati dai negoziati, paesi scettici come Brasile e Australia, la Francia praticamente assente e, tutt’attorno, la puzza di carbone del distretto minerario di Katowice.
Meno pessimista la visione dei responsabili dell’ONU: tutt’altro che facile, ma negli ultimi anni sono riusciti a convincere la maggior parte dei governi sulla necessità di agire contro i cambiamenti climatici contribuendo a favorire il diffondersi delle energie rinnovabili, mercato che oggi vale circa 300 miliardi di dollari.
 
Decisioni prese a Katowice
Dopo due settimane di faticose negoziazioni, sono state fissate alcune regole, contenute nel “Katowice Climate Package”, ossia l’atteso “libro delle regole”, per dare attuazione a quanto previsto durante la Conferenza di Parigi.
Il pacchetto stabilisce in che modo le Nazioni forniranno informazioni sul loro contributo alla riduzione delle emissioni e sulle misure adottate per mitigare e adattarsi ai cambiamenti climatici (i cosiddetti NDC, Nationally Determined Contribution, Contributo Determinato a livello Nazionale). Elemento chiave che dovrebbe ostacolare l’abbandono degli impegni sottoscritti.
In particolare sono previsti:

    • criteri fondati sui principi di Trasparenza, Accuratezza, Completezza, Coerenza e Comparabilità (TACCC), per la misurazione delle emissioni di CO2 di ogni singola Nazione; secondo alcune fonti, i criteri non sarebbero adeguatamente standardizzati;
    • le azioni che i Paesi dovranno sviluppare per ridurre le proprie emissioni di CO2. I Paesi che hanno già inviato un proprio NDC sono invitati a renderlo più ambizioso nei suoi obiettivi 2030; in parallelo, i Paesi che hanno a suo tempo indicato un Intended NDC e non lo hanno trasformato in NDC sono chiamati a farlo;
    • la valutazione delle azioni adottate dai singoli paesi, gli NDC, per contrastare il cambiamento climatico, processo fondamentale per poter confrontare le politiche adottate dagli stati;
    • le modalità con cui i paesi ricchi dovranno aiutare quelli più poveri a rispettare i propri obiettivi.

In sostanza si è riusciti a mettere nero su bianco i criteri con cui i singoli stati devono calcolare le proprie emissioni e notificare l’effettivo raggiungimento degli impegni presi per la loro riduzione. Criteri che diventeranno esecutivi solo nel 2020, cioè cinque anni dopo Parigi.
La fasi di negoziazione si sono spesso interrotte per forti contrapposizioni.
Il principale contrasto è emerso sull’ultimo rapporto IPCC: Arabia Saudita, Kuwait, Russia e Stati Uniti, paesi produttori di petrolio, si sono opposti al riconoscimento e all’adozione delle sue conclusioni, costringendo la Conferenza a limitarsi ad ammettere che l’IPCC abbia realizzato un importante studio.
I paesi in via di sviluppo hanno ottenuto una maggior flessibilità nell’applicazione delle regole, mentre il Brasile ha bloccato per qualche tempo il processo su questo tema proponendo un sistema di mercato delle emissioni (scambio tra nazioni della proprie quote di emissioni) da alcuni ritenuto facilmente aggirabile.
La Coalizione degli Ambiziosi
A Katowice l’Europa, insieme a paesi emergenti, ha promosso la Coalizione degli Ambiziosi (High Ambition Coalition), che comprende, oltre all’Unione Europea le Isole Marshall, Fiji, Etiopia, Unione Europea, Norvegia, Regno Unito, Canada, Germania, Nuova La Zelanda, Messico e Colombia. L’obiettivo di aumentare, entro il 2020, gli impegni di riduzione delle emissioni sottoscritti a Parigi, mira a costituire un esempio da estendere ad altre nazioni.

Dopo Katowice
L’anno prossimo, in Cile, durante la COP 25, si definiranno gli ultimi elementi del regolamento di Parigi e si lavorerà sui prossimi obiettivi di emissione.
Ma decisiva sarà la COP 26 del 2020: gli Stati dovranno dimostrare di aver rispettato i loro attuali impegni in termini di emissioni e dovranno presentare nuovi obiettivi per il 2030.
Per la COP 26 si sono candidate sia l’Italia che il Regno Unito. 

Breve storia dei trattati sul clima
A Rio de Janeiro, nel 1992, le Nazioni Unite organizzarono un importante evento, chiamato Vertice della Terra, durante il quale fu adottata la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC): le nazioni accettarono di “stabilizzare le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera” per prevenire pericolose interferenze sul sistema climatico.
Oggi il trattato ha 197 firmatari, e tutti gli anni, da quando è entrato in vigore nel 1994, si tiene una “conferenza delle parti”, la COP appunto, per discutere il da farsi.
Poiché l’UNFCCC non pone limiti vincolanti per le emissioni di gas serra e non prevede meccanismi di applicazione, sono state negoziate varie “estensioni” a questo trattato durante le COP (la prima delle quali si svolse a Berlino nel 1995), tra cui il Protocollo di Kyoto del 1997 e l’accordo di Parigi adottato nel 2015.
Il lavoro scientifico delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici è sostenuto da due agenzie: il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) e la World Meteorological Organization (WMO) che, insieme, nel 1988 hanno creato l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), composto da scienziati impegnati nell’analisi degli articoli e nell’individuazione di prove scientifiche per i negoziati sul clima.

 [Fine seconda parte]

COP 24 Conferenza sul clima – Un’analisi (seconda parte) ultima modifica: 2019-01-09T19:59:45+00:00 da Giorgio Della Valle

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