Traccia di considerazioni sul percorso del PAESC
Avevamo immaginato che, dopo gli incontri dell’estate scorsa, le occasioni e le modalità di “ascolto e confronto”, tra i “portatori di interesse” e l’Amministrazione, fossero un po’ più ampie, per permettere effettivamente di “partecipare attivamente alla costruzione del PAESC”.
Abbiamo appreso, nell’incontro del 1 marzo scorso, che la bozza di “Relazione del PAESC e schede di azione per la mitigazione e l’adattamento” dovrà essere discussa dai Consigli Comunali dell’URF entro il mese, per essere approvata dal Consiglio dell’Unione entro aprile e quindi inviata alla commissione Europea a giugno; tuttavia siamo stati invitati ad inviare eventuali altre osservazioni e proposte via mail.
Per questo, oltre ad indicare alcune proposte puntuali, ci permettiamo di formulare talune considerazioni di carattere più generale, che naturalmente inviamo al Servizio Programmazione Ambientale ed Energia e agli Amministratori dell’URF, ma che riteniamo utile siano socializzate anche con il complesso delle diverse organizzazioni di rappresentanza di tutti i portatori di interesse, oltre che dei Consiglieri Comunali che dovranno deliberare.
Tenendo presente, come è stato ricordato, che il PAESC deve raccordarsi con gli altri strumenti specifici di programmazione (urbanistica, mobilità, rifiuti, qualità dell’aria, agenda digitale, ecc.) ma anche altri atti politici e amministrativi: ricordiamo non solo gli orientamenti della Commissione Europea e quelli in via definizione a livello nazionale per il recovery plan; ma anche gli impegni programmatici della Regione ER; il recente Patto per il lavoro e per il clima (che impegna le parti ad arrivare al 100% di energia rinnovabile al 2035, oltre che alla neutralità carbonica al 2050); il Piano Strategico 2030 dell’URF (che ipotizza al 2030 una Unione auto-sostenibile dal punto di vista energetico) .
Partendo da questo quadro avanziamo alcune osservazioni schematiche:
– Innanzi tutto sugli obiettivi generali indicati dalla bozza di PAESC.
Il 50% di riduzione di emissioni di co2 deriva dalla media tra il 60% che sarebbe ipotizzato per il territorio di Faenza e % inferiori in quelli degli altri Comuni dell’URF. Vista la facilità con la quale si sarebbero ampiamente superati gli obiettivi previsti dal Paes 2020, forse ci sono le condizioni per porsi un obiettivo più ambizioso puntando al 60% di riduzione delle emissioni per tutta l’Unione, come peraltro è stato previsto dal PAESC di Ravenna, recentemente approvato.
A maggior ragione riteniamo dovrebbero essere corrette al rialzo le % di incremento della copertura dei consumi energetici da Fonti Rinnovabili e dell’efficienza energetica, per entrambe si indica il 27%, che è quello che prevede l’attuale Piano Energetico Regionale (che dovrà essere necessariamente aggiornato se si vuole raggiungere l’obiettivo del 100% al 2035). Peraltro, nei nostri territori, la produzione da FER è già più alta (si veda il Piano Regolatore dell’Energia del Comune di Faenza del 2010, che riteniamo necessario sia aggiornato anche per verificare l’avvicinamento a quanto prevede il piano strategico dell’URF). Mentre, per quanto riguarda l’efficienza energetica, l’ultimo monitoraggio regionale sul Piano Energetico Regionale indica che al 2018 in tutta la regione saremmo già al 28%, sembra ipotizzabile quindi darsi un obiettivo più ambizioso, prevedendo specifiche azioni.
– Rispetto alle azioni ipotizzate, alcune sono più convincenti, per la loro possibile realizzazione e per i risultati attesi, altre meno, ma ancor prima di entrare nel merito di qualcuna di esse, ci preme comprendere quale sarà il percorso per implementare queste azioni, sia quelle formalmente già in corso, che quelle da avviare.
E’ stato giustamente sottolineato che “la partecipazione da parte di tutta la comunità alla definizione del PAESC è indispensabile” questa non può risolversi solo in qualche incontro separato con alcuni portatori di interesse, o a qualche comunicato stampa rivolto genericamente alla cittadinanza, ma trovare delle sedi nelle quali sviluppare il confronto a partire da tutti i soggetti potenzialmente interessati (oltre a chi è già stato coinvolto, mancano i sindacati, le associazioni dei consumatori, operatori dei diversi settori interessati….).
Ricordiamo che nel testo di approvazione del PAES del 2015 era previsto uno specifico percorso di partecipazione [1] che non ci risulta sia stato realizzato negli scorsi anni (quanto meno noi non siamo stati coinvolti).
– Più nel merito delle 20 (o 24) azioni, suddivise per 8 ambiti:
Sono rilevanti, nei tre ambiti che riguardano gli edifici, le azioni e i risultati attesi rivolti all’efficientamento energetico e quelle sui trasporti, che naturalmente dovranno essere sviluppate con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati.
Per il peso che ha l’industria, e le altre attività produttive, nei nostri territori si potrebbe ipotizzare che le azioni possibili potrebbero ottenere dei risultati di riduzione delle emissioni più consistenti di quelli indicati.
Sulla produzione locale di energia elettrica ci sembrano modesti gli obiettivi ipotizzati nell’azione “Distretti energetici”, mentre sull’azione Acquisto di Energia Elettrica certificata da FER in Italia, ci sentiamo di ribadire quanto abbiamo già sostenuto nel 2015 per il vecchio PAES, (nel quale questa azione era stata declassata tra quelle di riserva) ossia che è senz’altro utile promuovere l’acquisto di “energia verde” da parte di cittadini, attività produttive, Pubbliche Amministrazioni (che peraltro dovrebbero già farlo) per contribuire a spostare il mercato dei venditori verso l’energia verde e spingere i produttori di energia verso impianti FER, ma, in attesa che questi effetti diano i loro frutti, nell’immediato non ci sarebbe nessuna riduzione di emissioni (né in Italia, né tanto meno a livello locale), per cui, a nostro avviso, si tratta di una azione solo virtuale e non è corretto conteggiare un risparmio di 6.066 tCO2/anno.
Mentre sulle 3 azioni previste nell’ambito Rifiuti, che dovrebbero tener conto delle modifiche ai sistemi di raccolta, verso l’applicazione della tariffa puntuale e collegarsi anche a quella sull’economia circolare, è necessario uno specifico approfondimento per definire meglio lo sviluppo delle azioni e arrivare a quantificare, almeno in ipotesi, le possibili riduzioni di emissioni.
Ugualmente, serviranno approfondimenti sulle azioni indicate nell’ambito Altro, oltre che sulle azioni di adattamento.
Indichiamo di seguito alcuni spunti che potrebbero essere valutati, ed eventualmente progressivamente integrati, nelle azioni previste dal PAESC o in altri strumenti di programmazione dei Comuni e dell’URF.
Sullo sviluppo dell’efficienza energetica, della produzione di energia da fonti rinnovabili, la progressiva riduzione di quella da fonti fossili, dell’economia circolare:
Nell’industria, nelle strutture produttive di ogni settore, ed in particolare delle PMI e delle micro imprese, riteniamo si possano sviluppare interventi di efficientamento non solo promuovendo percorsi formali di certificazione ambientale, ma soprattutto con iniziative più semplici come la diffusione di diagnosi energetiche e la socializzazione di buone pratiche, che intervengono sull’efficienza e autoproduzione energetica, la logistica, la gestione degli scarti, ecc., con il coinvolgimento delle associazioni di categoria e dei sindacati.
Per incrementare la produzione di energia da fonti rinnovabili, l’azione sui “Distretti energetici” potrebbe essere allargata anche tenendo conto delle recenti novità (già citate dalla bozza di PAESC) sul completamento delle nuove regole per i “Gruppi di autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente”[2] e per le “Comunità di Energia Rinnovabile” (CER)[3], avviando l’applicazione della specifica direttiva europea RED II.
Questo potrebbe aumentare la diffusione di impianti solari sulle abitazioni ed in particolare sui condomini, ma anche negli impianti industriali e commerciali.
Nel primo caso potrebbe aiutare un intervento, sia verso le soprintendenze, che verso i Comuni, per una revisione dei RUE, per permettere una più facile collocazione di impianti solari (aderenti o integrati, con la stessa inclinazione e orientamento della falda, quindi nel rispetto delle altre normative) negli edifici privi di particolari tutele nei centri delle città.
Nel secondo, per queste aziende spesso concentrate in zone industriali e artigianali, potrebbe essere interessante la possibilità di costituirsi in comunità energetica, col vantaggio di essere sicuramente allacciate alla stessa cabina, avere gli spazi dei tetti dei loro laboratori e capannoni, usare generalmente l’energia durante le ore diurne, quindi col massimo di autoconsumo.
La regione Emilia-Romagna, analogamente ad altre, ha dichiarato la volontà di dotarsi di una propria legge per la promozione delle Comunità Energetiche Rinnovabili, ma anche senza aspettare la legge, gli Enti Locali potrebbero attivarsi direttamente per costruire, anche insieme ad altri soggetti, esperienze di Comunità energetiche, utilizzando gli spazi e i tetti di stabili di proprietà pubblica per collocare gli impianti e poi utilizzare l’energia per i fabbisogni pubblici ed eventualmente per altre utenze, ad esempio intervenendo su situazioni di “povertà energetica”[4] (che potrebbe essere aggravata dall’abolizione del mercato di maggior tutela, nel 2023)
Fuori dai centri abitati, andrebbero individuati siti idonei alla collocazione di impianti rinnovabili (aree dismesse e degradate, discariche, aree da riqualificare, ecc.), sostanzialmente con una azione di pianificazione “positiva” che indichi le aree idonee, senza la necessità di complesse autorizzazioni caso per caso.
In accordo con le Organizzazioni del settore agricolo, prevedere la sperimentazione, in alcuni terreni agricoli, di impianti “agro-fotovoltaici” che, attraverso nuovi moduli e sistemi di installazione appropriati, può consentire la produzione elettrica e, contemporaneamente, la manutenzione del suolo, della vegetazione e la piantagione di determinate colture.
La grande disponibilità di biomasse di risulta, per gli insediamenti esistenti nel territorio, ha favorito anche la realizzazione impianti innovativi per la produzione di biogas; per quanto riguarda invece l’uso di biomasse per la produzione elettrica è necessario tenere sotto controllo le emissioni – che non generano solo co2, ma anche altre emissioni dannose per il clima, l’ambiente, la qualità dell’aria – escludendo quelle non sostenibili (come l’uso dell’olio di palma, presente anche nei nostri territori) o non provenienti da filiere corte.
Parallelamente, si tratterebbe di procedere verso la riduzione e il possibile azzeramento della restante produzione elettrica da fonti fossili (secondo il Piano regolatore dell’Energia del 2010 era del 9%, oltre alla combustione di CDR).
Infine, riprendendo la necessità di una reale partecipazione di tutti i portatori di interesse e di tutti i cittadini per l’attivazione delle azioni del PAESC, in diverse sedi abbiamo avanzato l’idea di una qualche forma di sportello informativo per dare almeno prime informazioni puntuali sulle reali opportunità che si possono aprire, ai cittadini, ma anche alle imprese, a partire da quelle meno strutturate.
L’obiezione della mancanza di risorse pubbliche per costituire una struttura dedicata, aperta al pubblico, potrebbe essere superata – almeno in via sperimentale – se, sotto il coordinamento della Struttura tecnica del PAESC e la consulenza tecnica dell’A.E.S.S., i tavoli di lavoro producono materiali informativi e di approfondimento, da divulgare pubblicamente; contemporaneamente gli stessi rappresentanti dei portatori di interesse (previa la sottoscrizione di un protocollo di comportamento) si impegnano a fornire pubblicamente, a partire dai loro associati, queste informazioni.
La necessità di approfondimenti tecnici più specialistici potrà essere affrontata successivamente e con altre modalità.
Un approccio di questo tipo a noi pare sia coerente anche con le modalità con le quali a livello regionale è stato sottoscritto il “Patto per il lavoro e per il clima”, tra la Regione, le Organizzazioni delle imprese, i Sindacati, associazioni ambientaliste e della società civile. Il testo del Patto oltre a includere specifiche azioni economiche sociali, ambientali e climatiche da attivare regionalmente indica la necessità di “promuovere la declinazione delle strategie individuate in patti e programmi a scala territoriale”, questa potrebbe essere una opportunità anche per ll territorio dell’URF, a partire anche dai contenuti del PAESC che si sta costruendo.
Note
[1] ….La struttura tecnica promuoverà e realizzerà una reale partecipazione di tutti i portatori di interesse e di tutti i cittadini anche attraverso l’attivazione di uno o più tavoli operativi permanenti, ai quali parteciperanno a pieno titolo i portatori d’interesse già coinvolti e le Associazioni, che lavoreranno sulla base di appositi protocolli di intesa, che saranno organizzati per gruppi di lavoro composti da tecnici comunali, incaricati dai comuni, associazioni civili, ambientaliste, ordini professionali ed altri portatori di interesse; i tavoli avranno funzione propositiva, consultiva e di valutazione dell’andamento complessivo del PAES; i tavoli potranno proporre anche la modifica e la revisione degli obiettivi.
I risultati, gli obiettivi e le azioni saranno valutati dai gruppi di lavoro con cadenza annuale; …. dalla delibera di approvazione del PAESC 30/03/2015 http://www.comune.faenza.ra.it/Citta/Rapporti-internazionali/Il-Patto-dei-Sindaci/Il-documento-del-Piano-di-Azione-per-l-Energia-Sostenibile-PAES
[2] (dal sito del GSE) Un gruppo di autoconsumatori rappresenta un insieme di almeno due autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente in virtù di un accordo privato e che si trovano nello stesso condominio o edificio. Per autoconsumatore di energia rinnovabile si intende un cliente finale che, operando in propri siti ubicati entro confini definiti, produce energia elettrica rinnovabile per il proprio consumo e può immagazzinare o vendere energia elettrica rinnovabile autoprodotta purché, per un autoconsumatore di energia rinnovabile diverso dai nuclei familiari, tali attività non costituiscano l’attività commerciale o professionale principale. L’impianto di produzione dell’autoconsumatore di energia rinnovabile può essere di proprietà di un soggetto terzo e/o gestito da un soggetto terzo, purché il soggetto terzo resti soggetto alle istruzioni dell’autoconsumatore di energia rinnovabile. L’autoconsumatore di energia rinnovabile può realizzare, in autonomia o congiuntamente a un produttore terzo, una configurazione di SEU o ASAP ai sensi del TISSPC, nel rispetto delle relative definizioni.
[3] Una comunità di energia rinnovabile è un soggetto giuridico che:
- si basa sulla partecipazione aperta e volontaria, è autonomo ed è effettivamente controllato da azionisti o membri che sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione detenuti dalla comunità di energia rinnovabile;
- i cui azionisti o membri sono persone fisiche, piccole e medie imprese (PMI), enti territoriali o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali, a condizione che, per le imprese private, la partecipazione alla comunità di energia rinnovabile non costituisca l’attività commerciale e/o industriale principale;
- il cui obiettivo principale è fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai propri azionisti o membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari.
[4] La povertà energetica può essere definita come: “Una situazione nella quale una famiglia o un individuo non sia in grado di pagare i servizi energetici primari (riscaldamento, raffreddamento, illuminazione, spostamento e corrente ) necessari per garantire un tenore di vita dignitoso, a causa di una combinazione di basso reddito, spesa per l’energia elevata e bassa efficienza energetica nelle proprie case”. European Commission, Citizen Energy Forum 2016