Appunti e considerazioni sulla bozza del Piano Strategico Unione Romagna Faentina
“Un territorio senza barriere, senza periferie”
1. Breve presentazione del Piano Strategico 2030 dell’Unione Romagna Faentina
Come si può verificare nel sito ufficiale dell’Unione della Romagna Faentina è iniziato circa un anno fa (il 22 luglio 2019) un percorso per “l’elaborazione di un Piano Strategico, ovvero uno strumento di programmazione e innovazione per la pubblica amministrazione al fine di affrontare le sfide del prossimo futuro, con l’orizzonte temporale del 2030”.
Anche sulla base di diversi documenti di approfondimento, nei mesi successivi si è avviato un cosiddetto “percorso partecipativo” con diversi incontri, svolti fino al 30 settembre, ai quali abbiamo partecipato anche come Legambiente.
Successivamente, gli uffici e le agenzie preposte hanno lavorato sulla elaborazione dei contenuti, la stasi dovuta al lockdown ha rallentato il percorso, ma proprio per questo, il 20 maggio scorso è stato presentato un documento aggiuntivo “Nota per un territorio che riparte”, (allegato) che pone una serie di interrogativi, proprio rispetto all’emergenza post Covid-19.
Il 15 giugno scorso, attraverso un webinar, l’Unione della Romagna Faentina ha presentato alla comunità, la bozza del piano con questo messaggio principale:
“Un territorio senza barriere, senza periferie: così la comunità dell’Unione della Romagna Faentina si immagina fra dieci anni. Capace di rispondere alle sfide di oggi e soprattutto di domani: una comunità più aperta e accessibile, un territorio favorevole alla crescita, motore di sviluppo per sé stesso e per l’intera regione, ponte fra le reti di comunicazione principali”.
Prima di essere approvato dal Consiglio dell’Unione il 17 luglio prossimo, il documento è rimasto in consultazione pubblica fino al 4 luglio 2020, per questo come circolo Legambiente “Lamone” abbiamo inviato gli Appunti e le considerazioni che seguono.
2. Gli appunti e le considerazioni di Legambiente Lamone Faenza sul Piano Strategico
Premessa
Ci siamo resi conto solo ora della tempistica per le osservazioni e l’approvazione del piano: “Prima di essere approvato dal Consiglio dell’Unione il 17 luglio prossimo, il documento è in consultazione pubblica fino al 4 luglio 2020”.
Facciamo comunque circolare queste nostre considerazioni, con l’auspicio che le questioni sollevate dalla bozza, per la rilevanza e gli intrecci che hanno con tutti gli altri strumenti di pianificazione (PUG, Agenda digitale, PAESC, PUMS, ecc.) oltre che per la prospettiva di validità per un decennio, dovranno portare necessariamente ad altre occasioni di confronto, approfondimento e ri-precisazione dei percorsi e degli obiettivi.
Questo in particolare tenendo presente che il lavoro di preparazione e i vari momenti del “percorso partecipativo” (nei quali eravamo presenti, ma che non possono essere indicati come grande coinvolgimento sociale), sono ovviamente precedenti alla emergenza Covid-19, tant’è che recentemente è stato diffuso il documento aggiuntivo “Note per un territorio che riparte”.
Il problema è che queste note sono costituite solo e soltanto da interrogativi, senza tentare di cominciare a dare qualche risposta, in una situazione che, proprio per l’emergenza Covid, necessita, anche, di approcci diversi dal passato, che dovrebbero essere inclusi nel piano.
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“Un territorio senza barriere, senza periferie” è certamente un titolo suggestivo per indicare una visione futura, che naturalmente non basta da sé a individuare le azioni per realizzarla.
Sulle linee di indirizzo per le tre direttrici, ci limitiamo ad alcuni appunti specifici:
a. Le reti e le interconnessioni
In questa direttrice stanno soprattutto le misure per adeguare le connessioni sia fisiche che virtuali, quindi mobilità sostenibile e accesso diffuso e sicuro alle reti digitali.
Sulla mobilità delle persone e delle merci con una effettiva integrazione territoriale, importante sarà la definizione e la realizzazione dei PUMS, in particolare a Faenza (dove è aperta la fase delle osservazioni), non servono invece altre infrastrutture se non adeguamenti per un utilizzo più razionale dell’uso dei vari mezzi di trasporto, promuovendo quello pubblico, la limitazione dell’uso dell’auto privata, la diffusione di alternative dolci (bici, monopattini, mezzi condivisi, ecc.).
In questa prospettiva, è molto interessante il Progetto bandiera # 1 – Tram treno, che andrebbe perseguito immediatamente, con determinazione (vista anche la necessità di coinvolgere da subito FF.SS.).
Sulle reti informatiche, sulla base del piano attuativo 2020 -21 dell’agenda digitale, siamo ancora lontani da una piena e soddisfacente copertura digitale dell’intero territorio dei Comuni dell’Unione.
Le Amministrazioni pubbliche devono farsi garanti nei confronti dei cittadini delle iniziative che le società pubbliche e i privati mettono in atto per far conoscere le reali potenzialità di connessione evitando il pericolo della pubblicità ingannevole, in particolare nelle zone limitrofe, ma anche nei centri abitati sull’asse della via Emilia.
La digitalizzazione deve essere estesa minimizzando gli impatti ambientali e sociali e tutelando la salute. In particolare, per quanto riguarda la prospettiva della diffusione del 5G, è necessario prendere posizione contro ipotesi di revisione al rialzo dei limiti previsti dalla legge italiana sulle emissioni elettromagnetiche.
Con riferimento al progetto bandiera#2 DATASCAPES apprezziamo lo scenario presentato chiediamo vengano precisate le figure responsabili per portarlo avanti anche nelle sue funzioni di interfaccia nei confronti della società civile (cittadini, associazioni no profit, professionali e ordini).
Questa azione di interfaccia “sociale” dovrebbe assumere anche la funzione di volano per nuovi progetti emergenti – pensiamo ad esempio ai servizi sanitari, alla scuola … – che promuovano l’utilizzo e la diffusione del sistema qui presentato per non ridurlo alle sole questioni tecnologiche che restano troppo spesso appannaggio degli specialisti interni all’amministrazione.
Sulle reti energetiche, a questo proposito l’obiettivo 3 “L’unione si ricarica” indica un traguardo importante “una Unione auto-sostenibile dal punto di vista energetico…” sul quale la realizzazione delle azioni che saranno previste dal PAESC saranno determinanti per lo sviluppo di tutte le fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica, (anche promuovendo le “comunità energetiche”) ma non sarà sufficiente “agire in primo luogo sugli immobili e infrastrutture pubbliche “dando il buon esempio…” senza investire tutte le filiere produttive, dei servizi, ecc. in tutti i settori, quindi con un pieno coinvolgimento anche di tutti i settori privati.
A questo proposito, la Regione Emilia-Romagna ha aderito recentemente al “Green new deal” europeo che punta alla neutralità carbonica entro il 2050 e il raggiungimento del 100% di energie rinnovabili entro il 2035, indicando come strumento fondamentale il “nuovo patto per il clima e il lavoro” che dovrebbe attuare una trasformazione ambientale, economica e sociale.
Queste indicazioni andrebbero implementate anche ai livelli territoriali. Ricordiamo che l’attuale PAES esclude le azioni che riguardano i settori produttivi, invece, per raggiungere questi obiettivi, è necessario, ad esempio, promuovere il massimo di efficienza energetica nei cicli produttivi di ogni settore; stimolare l’utilizzo a fini energetici di quanti più tetti possibile, a partire dalle coperture degli impianti industriali e commerciali, delle strutture pubbliche e anche delle abitazioni private. A questo fine ribadiamo la necessità di una revisione del RUE per permettere una più facile collocazione di impianti solari (aderenti o integrati, con la stessa inclinazione e orientamento della falda, quindi nel rispetto delle altre normative) anche nei centri storici.
b. Il lavoro e l’attrattività
Per delineare un “ecosistema territoriale attrattivo”, non è pensabile una concorrenza e una competizione, fondata sul cosiddetto “marketing territoriale” o “scouting aziendale” – magari offrendo regole al ribasso – rispetto ai territori attigui, piuttosto si tratta di indicare le vocazioni specifiche dei nostri territori, puntando sul massimo di sostenibilità e qualità sociale e ambientale.
Qualificare l’intero sistema. Si mettono, giustamente, in evidenza alcune eccellenze del nostro territorio, a partire dal Parco scientifico e tecnologico, il CNR, una sede del Tecnopolo di Ravenna, 27 startup innovative, ecc. oltre che diverse aziende particolarmente qualificate… forse per qualificare l’intero territorio (e appunto ridurre tutte le distanze) sarebbe opportuno che il know-how di queste realtà di eccellenza venisse messo a disposizione e in qualche modo trasferito in ogni settore economico e produttivo, anche ai livelli più piccoli e meno qualificati.
Facciamo un solo esempio: nel 2016 Enea e il Ministero dello Sviluppo economico hanno premiato tre aziende come Ambasciatrici dell’efficienza energetica, per far conoscere e promuovere, presso l’opinione pubblica e le imprese, la tutela dell’ambiente e il risparmio energetico. Una di queste è stata la Toro Rosso di Faenza: sarebbe possibile utilizzare parte di quelle competenze per progetti di efficientamento energetico che coinvolgessero il grosso delle nostre imprese locali?
Agricoltura. La filiera agro-alimentare è ancora un settore portante dei nostri territori, l’emergenza ha reso evidente a tutti il suo ruolo primario, anche sviluppando interessanti esperienze di distribuzione di prodotti a km zero, che andrebbero rafforzate per il futuro, per i consumi dei cittadini. Servono strumenti per dare dignità al settore, con politiche di giusti prezzi per i produttori, tutele e dignità per i lavoratori, inclusa la lotta al caporalato, oltre che politiche di sostegno per la riduzione dell’impatto sulle emissioni e sui suoli, nonché per garanzie di qualità per i consumatori.
In questo contesto sarebbe utile un puntuale censimento dei terreni agricoli dismessi, o parzialmente utilizzati, nell’intero territorio delll’URF, per verificare la possibilità di un loro riutilizzo, anche con nuove colture e la possibilità di nuova occupazione per lavoratori italiani e immigrati (progetti di questo tipo sono già stati ipotizzati).
Economia circolare, è importante che nel piano il concetto venga citato più volte, ma non si prende mai in esame la situazione dei nostri territori, che ci vede coi risultati peggiori (in regione, ma anche in provincia di Ravenna) dal punto di vista della gestione del ciclo dei rifiuti. La Legge regionale del 2016 prevede la riduzione della produzione dei rifiuti urbani, il riuso dei beni a fine vita, la raccolta differenziata, ai fine del riciclo delle materie, anche in appositi impianti, riducendo al minimo lo smaltimento finale in discarica, o peggio in inceneritore. E’ evidente la necessità di affrontare diversamente la questione, richiedendo un cambio di strategie anche da parte di Hera, attuale gestore del servizio di raccolta, oltre che di alcuni impianti di selezione e smaltimento.
c. Salubrità e sicurezza del territorio
Qualità dell’aria, per limitare le troppe emissioni in atmosfera che, pur interessando tutta la pianura padana, hanno anche una specificità territoriale, è urgente l’obiettivo del miglioramento della qualità dell’aria, come peraltro indica il Piano Provinciale di Tutela e Risanamento della Qualità dell’aria (PRQA). Faenza, e il territorio circostante, deve essere conosciuto per le proprie eccellenze, territoriali, produttive, artistiche, culturali e non per le emissioni, i fumi e i cattivi odori che si sprigionano in alcune aree della città, dovuti ad alcune realtà industriali, che devono essere risanate.
La rimozione dell’eternit. Nei nostri territori l’eternit non è ancora un problema risolto, è necessario rimuovere da tutti gli spazi cittadini questa minaccia alla salute pubblica, va completata la mappatura e poi avviata la bonifica dei tetti in amianto, anche promuovendone la sostituzione con impianti solari e fotovoltaici.
Basta consumo di suolo. Nel piano si fa riferimento alla Legge urbanistica regionale accreditando l’obiettivo dell’azzeramento del consumo di suolo. Purtroppo sappiamo che non è completamente vero, che la legge fornisce diverse scappatoie (ed è questa la ragione per la quale l’abbiamo criticata). E’ possibile, tuttavia, che le Amministrazioni locali operino nella direzione effettiva di non consumare altro suolo e promuovano invece una rigenerazione dei centri urbani.
Il Piano Urbanistico Generale (PUG). È necessario avviare subito le procedure e i percorsi partecipativi per la sua definizione che dovrebbe essere completata entro il prossimo anno. Deve essere questa la sede per il disegno dei centri abitati e del territorio del futuro, indicando le linee per una riqualificazione urbana (dal punto di vista sociale, energetico, sismico), porre fine al consumo di suolo, razionalizzare la mobilità urbana e la qualità ecologica e ambientale; costruendo, anche per questa via, occasioni di lavoro e occupazione qualificata; istituendo l’Albo degli immobili resi disponibili per la rigenerazione urbana, per indirizzare lì i potenziali investitori; affrontando la scarsa disponibilità di l’edilizia sociale, nonostante tanto patrimonio abitativo vuoto; promuovendo una riqualificazione della città dal punto di vista dell’efficientamento energetico e sismico, non solo per gli edifici pubblici e dei singole abitazioni, ma per interi condomini e quartieri.
d. I servizi di prossimità per i cittadini
I Servizi Sanitari. In questa direttrice, notiamo una incongruenza tra il criterio di “prossimità” e l’attuale organizzazione accentrata nell’enorme ASL della Romagna, che andrebbe riconsiderata, pensando ad una rete di servizi territoriali diffusi.
A maggior ragione oggi, dopo l’esperienza fatta nella prima fase dell’emergenza Covid, è necessario una integrazione dei servizi e delle competenze dedicate alla prevenzione, alla promozione della salute e all’assistenza sanitaria primaria, coinvolgendo i medici di medicina generale e i sistemi sociosanitari locali. Le stesse Case della Salute non possono essere semplici sportelli, ma devono essere collegate anche ai servizi domiciliari sociosanitari dei territori.
Povertà e diseguaglianze. E’ in questo capitolo che si toccano le questioni delle fragilità e delle povertà, che l’emergenza Covid-19 sta amplificando, (basta guardare i dati sulle richieste di accesso ai buoni spesa nei nostri territori).
L’aumento delle diseguaglianze e in particolare del “rischio di povertà”, sono presenti in tutto il paese; nel 2017 in tutta Italia l’incidenza del rischio di povertà è stato del 20,3%; in Emilia-Romagna, che si colloca tra le regioni più “virtuose”, si era al 10,5% del totale degli individui residenti.
Il citato rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (BES) delle province, ci sembra non fornisca per Ravenna un dato disaggregato per distretti, ma secondo l’osservatorio regionale, i dati sul rischio di povertà, disponibili al 2016, per i 3 distretti sociosanitari, sono rispettivamente del 10,1% per Ravenna; del 7,5% per Lugo; del 10,9% per Faenza. Quindi, il territorio dell’Unione della Romagna Faentina, sarebbe il più toccato da questi fenomeni in provincia. Anche questi dati vanno considerati assieme a quelli più tranquillizzanti in altri ambiti.
Le risposte, che le Amministrazioni e i servizi sociali e sociosanitari stanno mettendo in atto, hanno indubbiamente qualche efficacia, ma c’è da ipotizzare che nei prossimi tempi ci possa essere un incremento delle persone in difficoltà.
Per questo sarebbe necessario ipotizzare anche ulteriori percorsi, tenendo anche conto che, oltre alle necessarie misure di assistenza, l’inclusione sociale di persone svantaggiate dovrebbe passare anche da un coinvolgimento lavorativo, cosa oggi ancora più difficile che in passato.
Queste questioni sono state affrontate nella ricerca “Per un lavoro degno” – alla quale abbiamo partecipato anche come Legambiente – che avrà un seguito nei prossimi mesi e che si sta ponendo il problema di come “inventare” nuovo lavoro, per queste persone, evitando facili strumentalizzazioni su una possibile “concorrenza sleale”, quindi individuando alcune attività, che contemporaneamente siano socialmente utili e necessarie, e che normalmente non vengono svolte (o che non vengono più svolte) né dal mercato, né dalle Pubbliche Amministrazioni.
Pur con tutte le difficoltà, oggi peraltro aggravate dall’emergenza, forse si può ipotizzare che lo sviluppo di alcuni obiettivi indicati nelle due direttrici precedenti possa offrire qualche opportunità anche a questo scopo.
e. In conclusione
L’emergenza dovuta alla pandemia da COVID-19, che è indubbiamente legata alla sottovalutazione dell’impatto delle attività umane sulla natura e sull’ambiente, dovrebbe portarci a riflettere sulla necessità di perseguire la progressiva riconversione del modello di sviluppo, che non abbia unicamente a riferimento i parametri economici e il Prodotto Interno Lordo, quanto piuttosto, le questioni della salute e della sicurezza; dei diritti e del contrasto alle diseguaglianze, nella società e nel lavoro; dell’uso razionale ed efficiente delle risorse naturali.
Lo schema del Piano strategico, soprattutto se sarà integrato e aggiornato, anche alla luce delle criticità evidenziate dell’emergenza sanitaria, può rappresentare un indirizzo programmatico utile per l’Unione della Romagna Faentina.
La differenza tra l’implementazione di una strategia di cambiamento o un semplice manifesto di immagine, sarà data dalla determinazione, o meno, da parte delle Amministrazioni di avviare subito le azioni più significative e perseguirle con determinazione e coerenza.
Faenza, 12 luglio 2020
Allegati
Unione Romagna Faentina – Nota per un territorio che riparte – 20 Maggio 2020
Legambiente Faenza -Appunti e considerazioni bozza Piano Strategico – 12 Luglio 2020